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Febbraio potatore

Febbraio il mese del freddo, della neve, dei ghiacci, delle nebbie.

La neve, dove abitualmente cade, regna dall’1 al 18 e, anche se meno di frequente, fino al 25.

Le piogge sono rade, dominano piuttosto i venti freddi. Tolti i primi 4 giorni, che sono da temere, questo mese è capace di belle giornate e il 29, benché freddo, è uno dei più belli dell’anno.

L’inclinazione dei giorni alla neve va ondeggiando: cala e poi cresce di nuovo, come se volesse prendere fiato.

CONSIGLI: in inverno chiudi le fessure. Guardati dai cibi che riscaldano e dagli intingoli. Usa vino bianco e stempera il vino rosso con molta acqua. Stai attento a tutto ciò che riscalda, al fuoco e alle stufe, ed eviterai reumatismi, catarri, sciatiche e mal di denti. Riparati con un buon cappello e calza buone scarpe.

MASSIMA DEL MESE: “Chi ha tempo non aspetti tempo”

PROVERBI DEL MESE: a S. Sebastiano, la violetta in mano – Non c’è gallina né gallinaccia che a gennaio le uova non faccia – Non ha timor dell’orrido gennaio, chi ha buona pelliccia e doppio saio.

Febbraio fa parte del cosiddetto “periodo oscuro” dell’antico calendario dei popoli indoeuropei. Pensate che per secoli non ha avuto nemmeno un nome, solo con il passaggio al calendario gregoriano – costituito da 12 mesi – arrivarono gennaio e febbraio: Januarius, cioè dedicato a Giano (colui che apre le porte e protegge ogni forma di passaggio) e Febrarius, cioè purificare o rimediare ai propri errori.

Meteorologia contadina

Questo mese la previsione meteo più importante è quella legata alla Candelora:

“Per la Santa Candelora, se nevica o se plora, dall’inverno semo fora.

Se c’è il sole o tira vento nell’inverno semo dentro”

Poi c’è “Il giorno di San Mattia (24 febbraio) che se trova il gelo lo scioglie via” mentre se non lo trova potrebbe portarlo.

Anche i giorni di Tempora ci aiutano a fare una previsione. Sono quattro “sezioni”, ciascuna di 3 giorni. Annunciano le stagioni, regolano le feste contadine, guidano i raccolti e segnano un tempo di digiuno, penitenza e ringraziamento. I loro giorni – considerati giorni speciali dell’anno – cadono sempre di mercoledì, venerdì e sabato: nella settimana dopo le Ceneri, in quella dopo la Pentecoste, in quella dopo la festa della S. Croce e dopo la terza domenica di avvento. Il meteo dei 3 giorni di ciascuna tempora predice il tempo dominante in ciascuno dei 3 mesi della stagione che “apre”.

Fiore del mese

Il fiore simbolo di questo mese è senza dubbio il Bucaneve (Galanthus Nivalis), detto anche Campana della Candelora perché simbolo di questo giorno speciale; e a dimostrazione che le “nuove” ricorrenze non hanno inventato nulla (ma solo sostituito), il Bucaneve è anche il fiore sacro ad Imbolc – nome celtico della ricorrenza – perché primo a risvegliarsi dall’inverno e dal colore bianco candido simbolo di purezza.

Camminando nei boschi a febbraio, oltre al Bucaneve possiamo trovare altri piccoli fiori che iniziano a fare capolino preannunciando che la primavera si avvicina sempre di più. Tutti abbiamo incontrato almeno una volta in questa stagione, è il Crocus. In alcune zone viene chiamato “bucaneve” per la sua capacità di sbocciare appunto sul terreno ancora parzialmente innevato (ma il vero Bucaneve è il Galantus Nivalis). La sua “versione” più famosa è ovviamente lo zafferano (Crocus Sativus) ma nei boschi troviamo solamente la variante ruspante, quella cioè dal colore tenue (tra il violetto, l’azzurro e il bianco) che fa capolino nei prati ancora ghiacciati. Leggenda narra che il suo colore derivi dalle lacrime di Mercurio, che piangendo l’amico d’infanzia Croco, tempestò di lacrime ogni prato della Terra.

Prima per eccellenza a spuntare quando il sottobosco è ormai libero da ghiaccio o neve, è la Primula (Primus Vulgaris) il cui nome deriva proprio dal suo sbocciare “per prima”. Dalle moltissime proprietà – analgesiche, antinfiammatorie, antisettiche, espettoranti e mucolitiche – è ottima a tavola – insalate, minestre, marmellate o per aromatizzare l’aceto di vino. Rappresenta la prima giovinezza, proprio perché è il primo fiore a sbocciare ed è considerato un augurio di buona fortuna, perché annuncia la bella stagione.

Ricorrenze

Siamo abituati al detto “A Carnevale ogni scherzo vale!” ma sai da dove proviene?

Dalla frase latina “Semel in anno licet insanire”, ovvero una volta all’anno è lecito fare pazzie. Nascono così le tradizioni cattoliche legate ai travestimenti, agli scherzi e agli eccessi gastronomici tipici del Carnevale. Il nome di questa ricorrenza pare avere origine dall’unione delle parole Carnem Levare, cioè “togliere la carne”, con riferimento all’ultimo banchetto del martedì grasso in cui si poteva esagerare con questo prezioso alimento, la carne appunto, perché consapevoli che il giorno successivo sarebbe stata vietata.

Il Carnevale Ambrosiano è l’eccezione che conferma la regola: infatti secondo il rito ambrosiano l’ultimo giorno di Carnevale non è il martedì grasso bensì il sabato della stessa settimana e la Quaresima inizia il giorno seguente. Ma sai perché è diverso? Leggenda narra che il Vescovo Ambrogio avesse promesso ai suoi fedeli di festeggiare insieme la Quaresima ma che avesse tardato il rientro dal suo pellegrinaggio.

Rimedi naturali

Durante l’inverno capita spesso di avere raffreddore e congestione nasale.

Se hai il naso chiuso o gocciolante, puoi provare uno di questi rimedi:

- bevi liquidi più di quanto fai normalmente, soprattutto tè caldo al limone, brodo caldo, evitando bevande con caffeina che possono aumentare la congestione;
- utilizzare il vapore (vaporimetro o vapore della pentola che sia) per aiutare il naso a liberarsi. Aggiungendo un bicchierino di aceto bianco all’acqua che poi vaporizzerai ti aiuterà maggiormente a ridurre la congestione nasale;
- per i più coraggiosi: avvicina il naso ad una cipolla appena tagliata e aspirane l’odore, questo contrasterà la congestione.

CURIOSITA’ SULLA CIPOLLA – tratto da “Mangià ad Campagna – ricette della tradizione contadina” di Alida Bazzini – Ed. La Ricotta

La cipolla (Allium cepa) fa parte delle bulbose ed è praticamente indispensabile in ogni cucina, al pari dell’aglio (di cui per altro è membro della famiglia). Gli antichi Egizi associavano la sua forma sferica e i suoi anelli concentrici alla vita eterna, credendo che il suo forte aroma potesse “ridonare il respiro ai morti”. Gli atleti Greci invece mangiavano cipolle in grandi quantità, per “alleggerire il sangue”, mentre i gladiatori romani le strofinavano sul corpo per rassodare i muscoli. Per noi oggi è un alimento di poco valore, ma nel Medioevo le cipolle avevano grande importanza, tanto da essere usate come dono, e i medici le prescrivevano come panacea per gran parte dei mali dell’epoca.

Ma sai perché ha un odore così intenso o perché fa lacrimare gli occhi? Il caratteristico odore dei bulbi tagliati è dovuto all’abbondanza di solfuri e altri composti solforati che, a contatto con l’umor acqueo degli occhi, si trasformano in acido solforico provocando la lacrimazione.

Ricca di vitamine e sali minerali, la cipolla -soprattutto cruda- ha proprietà diuretiche, antidiabetiche, fluidificanti il sangue. È utilizzata come principio attivo di alcune creme cicatrizzanti e antibiotiche. Un tempo era usata anche come disinfettante per piccole ferite.

Ruota dell’Anno Celtico

La Ruota dell’Anno Celtico è un’antichissima forma di calendario, di origine pagana e in uso tra le popolazioni celtiche, così chiamata perché segna il ciclo delle stagioni durante l’anno e scandisce ritmi, energie, ricorrenze e rituali tramandati di generazione in generazione dai tempi più antichi. Gli 8 Sabbat dell’anno – 4 legati a solstizi ed equinozi, più 4 intermedi tra solstizio ed equinozio – erano i cosiddetti “momenti di passaggio” e per questo considerati sacri e celebrati. La Ruota, nell’arco dell’anno, ripercorre non solo le stagioni ma anche il viaggio della vita e il ciclo del chicco di grano: nascita – crescita – invecchiamento – morte (per poi rinascere nuovamente). Questi giorni speciali permettevano all’uomo di entrare in contatto con le forze cosmiche, particolarmente potenti in queste ricorrenze, per creare un vero e proprio scambio tra uomo e universo.

Il 02 febbraio è Candelora, nome cristiano dell’antica festa celtica di Imbolc, prima delle 8 ricorrenze della Ruota dell’Anno Celtico che ormai da 2 anni festeggiamo regolarmente in compagnia di Elisa Gastaldi, proprietaria dell’Azienda Agricola Elilu, tra sapori e saperi della tradizione con i piatti del suo Agriturismo Mangià ad Campagna e sotto le stelle del suo Planetario (Castelnuovo Scrivia).

Questo giorno speciale è il ritorno alla luce, che da oggi è sempre più protagonista delle nostre giornate (da oggi le giornate si allungano!). E’ il tempo della purificazione, per prepararsi alla rinascita che avverrà in Primavera, motivo per cui la festività cristiana con cui è stata sostituita questa ricorrenza celtica è il momento della presentazione di Gesù al tempio e della purificazione della Vergine Maria 40 giorni dopo il parto. Segna il confine tra la vita e la morte e, come per S. Brigida, è tradizione accendere candele o lumini per meglio “traghettare” in questa notte importante.

Giorni speciali

Ogni mese dell’anno ha dei giorni speciali, ciascuno per un motivo diverso.

Febbraio si apre con 2 giorni speciali, che racchiudono in loro un’unica tradizione: il ritorno alla luce!

Il 1° febbraio è Santa Brigida, antica ricorrenza pagana dedicata alla Dea Brigit – Dea del Fuoco per le popolazioni celtiche. Stiamo parlando di Santa Brigida d’Irlanda, protettrice degli animali di campagna e portatrice di luce. Nella tradizione popolare veniva rappresentata da una bambola di granoturco ed era tradizione che delle giovani fanciulle, vestite di bianco in segno di purezza, portavano latte, cibo e vari simboli di abbondanza per ricevere il favore della Dea prima e della Santa nei secoli successivi. Il rituale venne poi “integrato” con un’usanza da svolgere attorno al focolare domestico: la donna più anziana della casa (simbolo della parte oscura della Dea o in generale dell’oscurità) spegneva il fuoco nel camino e lo riassettava, poi le giovani fanciulle della famiglia (simbolo di purezza) facevano il loro ingresso “nelle tenebre” della stanza, illuminate solo dalle loro candele, per riaccendere la fiamma. Una sorta di rito di passaggio beneaugurante per avere protezione in questo giorno simbolo del confine tra luce e ombra. Altro simbolo di questa ricorrenza è la cosiddetta Croce di Santa Brigida: leggenda narra che i familiari cristiani di un capo pagano, in preda al delirio sul letto di morte, chiamarono Brigida perché provasse a convertirlo. Brigida gli si sedette accanto e cominciò a consolarlo, poi prese dal pavimento dei giunchi e incominciò ad incrociarli per formare una croce; quando ebbe finito di intrecciare la croce l’uomo si convertì e le chiese di essere battezzato.

Il 2 febbraio invece è Candelora, ma hai già scoperto di cosa si tratta nella sezione della Ruota dell’Anno Celtico.

E dopo la Candelora arriva l’ultimo Mercante della Neve: San Biagio, il 3 febbraio. Hai tenuto un panettone di scorta per festeggiare San Biagio? Forse da te non si usa molto, perché è una tradizione prettamente milanese, ma ormai ha raggiunto molte altre zone e magari ti sarà capitato di sentirla. E’ usanza il 3 febbraio mangiare una fetta di panettone avanzato dalle feste natalizie. Per questo motivo si parla di Panettone di San Biagio. La tradizione è accompagnata dal detto “San Biàs el benedis la gola e èl nas” – cioè San Biagio benedice la gola e il naso.

Sì perché San Biagio è il protettore della gola, dei laringoiatri, dei suonatori degli strumenti a fiato. Per la benedizione della gola sono utilizzate due candele, incrociate davanti alla gola della persona da benedire. San Biagio è il protettore anche dei lanaioli e dei cardatori, degli animali e delle attività agricole. Il motivo per cui è protettore sia della gola che della lana è abbastanza tragico: vissuto in epoca romana, la sua morte avvenne per decapitazione ma prima, per essere sicuri che il suo martirio fosse esemplare e doloroso, le sue carni vennero lacerate con dei pettini di ferro che si usavano per cardare la lana.

Esiste anche una leggenda contadina, precedente alla tradizione milanese del panettone. Si dice che una donna avesse portato prima di Natale il panettone da frate Desiderio per farlo benedire, ma il frate era così impegnato che se ne dimenticò. Dopo Natale, trovando il dolce ancora in sacrestia e pensando che ormai la donna non sarebbe più tornata a prenderlo, l’aveva benedetto e mangiato. Ma quando il 3 febbraio la massaia tornò per riavere il suo panettone, il frate confessò di averlo finito. Tornato in sacrestia a prendere il piatto vuoto, trovò invece un panettone grande il doppio rispetto a quello che la donna aveva portato. Il miracolo fu attribuito a San Biagio e fu così che nacque la tradizione che vuole che si mangi a colazione una fetta di panettone avanzato e benedetto, per proteggere tutta la famiglia dai malanni della gola. E se a Milano c’è il panettone, nelle terre dell’Antico Piemonte c’è la chisola!

Per scoprire chi sono i Mercanti della Neve e quali sono gli altri mercanti, sfoglia l’articolo del mese scorso Gennaio innevatore.

Grazie a Elilu Agricultura Familiare che con il suo Almanacco Rurale (di cui non possiamo più fare a meno da anni) ci regala sempre tanta saggezza popolare, tradizioni e cultura rurale; un concentrato di saperi antichi che oggi sembrano appartenere ad un mondo lontano, ma che sono parte di noi e del nostro vivere e per questo vanno custoditi con cura e tramandati con ogni mezzo.

Autore: Giorgia Ricotti

Foto e testo © Wild Trek – Avventure in cammino