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Marzo amoroso

Fino alla metà di marzo inclina al sereno; dall’8 iniziano a soffiare i venti talvolta burrascosi (sono critici il 12, il 20, il 23, il 25 e il 29). Si comincia a sentire il tuono, quello che i contadini chiamano “tirare di primavera”: alcuni dicono che da dove arriva il primo temporale arriveranno anche quelli estivi.

Con il novilunio e il plenilunio di marzo, la stagione prenderà la strada della Primavera.

CONSIGLI: in Primavera scegli cibi leggeri e vino annacquato. Mangia broccoli, latte e cicoria. Evita ciò che riscalda quando è luna calante, quando soffiano il marino o lo scirocco e quando piove molto. Non ti alleggerire gli abiti, cammina lento, non stare fermo al sole e fai molto movimento.

MASSIMA DEL MESE: “Il buon amico nel mal si conosce”

PROVERBI DEL MESE: La neve marzolina dura dalla sera alla mattina – Marzo cambia 7 cappelli al giorno – Marzo pazzerello guarda il sole e prendi l’ombrello – Per S. Benedetto (21 marzo) la rondine è sotto il tetto.

Meteorologia contadina

Il 19 marzo, oltre ad essere San Giuseppe e la Festa del Papà, è il primo dei cosiddetti Nodi del Freddo, insieme al giorno dell’Incarnazione (25 marzo), al 10 aprile detto Nodo del Cuculo e al 25 aprile, detto Nodo di San Marco. Sono i giorni nei quali le temperature possono precipitare e far temere il ritorno dell’inverno.

Fiore del mese

La Primavera ormai è alle porte e nel mese di marzo sono molti i fiori a sbocciare, ma due in particolare ci dicono che l’Inverno ha i giorni contati.

Il Dente di Cane (Erythronium Dens Canis) o Giglio dei Boschi, è il primo ad “avvisarci” che la bella stagione è in arrivo. Le sue foglie verdi brillanti con macchie brunastre sono inconfondibili, quasi quanto la forma del suo fiore “appeso” a testa in giù! A guardarlo sembra non avere niente a che fare con il nome che porta, ma il toponimo “dente di cane” deriva dal fatto che il suo bulbo bianco ha una forma appuntita simile ad un canino. Molto più elegante è sicuramente l’appellativo Eritronio, cioè “di colore rosso”, tipico del suo fiore (che da noi in Appennino non rosso acceso ma rosato). Si pensa che l’espressione utilizzata nei libri ‘riuscirono a sopravvivere nei boschi mangiando semi e radici’ durante i racconti di carestie storiche, ci si riferisca a questa piccola pianta interamente commestibile.

L’Anemone Epatica (Hepatica Nobilis) o Fegatella, dalla corolla a sei petali di un colore che varia dal violetto al turchino e con foglie trilobate dal colore rossiccio che la rendono unica e inconfondibile!

Conosciuta già nell’antichità, perché legata al culto del vento (come ci dice già il suo nome, anemos = vento), divenne “famosa” nel Medioevo grazie alla Dottrina delle Segnature – antica forma di conoscenza che metteva in relazione organi umani ed elementi naturali, associati per affinità di forma, colore, funzione, ecc. Secondo questi principi, in virtù della somiglianza tra le sue foglie e il nostro fegato, gli erboristi del tempo le attribuirono proprietà medicamentose utili per la cura delle affezioni epatiche (da qui Fegatella o Anemone Epatica). Oggi a questa pianta sono attribuite solamente proprietà diuretiche, essendo della famiglia delle Ranuncolacee e quindi ad alta tossicità.

Ricorrenze

La prima ricorrenza del mese è l’8 marzo, ormai associato da anni alla Festa della Donna. Simbolo di questa festa è la famosissima mimosa. Il luogo d’origine di questa pianta è la Tasmania, isola a sud dell’Australia, ed è stata introdotta in Europa a partire dagli inizi del 1800. Il nome italiano, molto probabilmente, nasce dalla radice spagnola “mimar” (cioè accarezzare) termine che si collega alla sensibilità del mondo femminile. La mimosa in realtà è un’Acacia che però non è bianca (Acacia Dealbata) ma gialla. Il vero significato del nome è perciò un affascinante ossimoro molto affine alla personalità femminile: “candore non bianco”. Sembra un fiore fragile, ma in realtà la sua grande forza risiede nella capacità di attecchire anche in terreni difficili; una duplice caratteristica della pianta che rispecchia anche in questo aspetto i caratteri femminili.

Gli Indiani d’America regalavano un piccolo mazzo di mimose quando decidevano di dichiarare il proprio amore. Le ragazze inglesi erano solite appuntare un rametto di mimosa alla giacca per accentuare la propria femminilità. Gli Aborigeni australiani attribuivano alla mimosa proprietà curative e, ancora oggi, la pianta è usata in medicina, nelle diete e per creare decotti contro i sintomi delle malattie veneree, nausea e diarrea. In Africa le fan numero uno della pianta sono le giraffe che amano cibarsi di foglie di acacia e di mimose, tanto da poterne mangiare fino a 66 kg al giorno.

Seconda ricorrenza importante è il 19 marzo: giorno di San Giuseppe e Festa del Papà.

Giuseppe, uomo giusto e umile, discendente del re Davide fu scelto come marito per la giovane Maria, consacrata al tempio di Gerusalemme da bambina. Si dice che, quando Maria era ormai in età da marito, il sacerdote del tempio ebbe il compito di scegliere tra i pretendenti liberi della città. Tutti portarono al sacerdote il loro bastone e rimasero in attesa di un segno divino (che pare tardò ad arrivare); i bastoni allora furono riconsegnati, ma ne avanzava uno. Era quello di Giuseppe, da cui uscì una colomba tra lo stupore dei presenti (il segno tanto atteso). Il resto della storia lo conosciamo tutti.

Rimedi naturali

Con i primi sbalzi di temperatura può capitare di avere la sinusite, cioè l’infiammazione dei seni paranasali. La mucosa infiammata aumenta di volume causando il restringimento degli osti, che provoca un aumento di ristagno del muco nei seni nasali con conseguente crescita di batteri. Per aiutare a liberare il naso da questo muco, sono ottimi questi rimedi:

- applica 3/4 volte al giorno, per 5 minuti, un asciugamano caldo umido in modo da riattivare la circolazione e permettere il drenaggio del muco tramite il calore;
- bevi molto durante il giorno per rendere il muco fluido;
- fai tisane a base di liquirizia, piantaggine, finocchio, anice o salvia;
- fai lavaggi nasali preparando una soluzione con 120 ml di acqua distillata o fatta bollire a cui aggiungere un cucchiaio di sale e uno di bicarbonato di sodio.

Ruota dell’Anno Celtico

La Ruota dell’Anno Celtico è un’antichissima forma di calendario, di origine pagana e in uso tra le popolazioni celtiche, così chiamata perché segna il ciclo delle stagioni durante l’anno e scandisce ritmi, energie, ricorrenze e rituali tramandati di generazione in generazione dai tempi più antichi. Gli 8 Sabbat dell’anno – 4 legati a solstizi ed equinozi, più 4 intermedi tra solstizio ed equinozio – erano i cosiddetti “momenti di passaggio” e per questo considerati sacri e celebrati. La Ruota, nell’arco dell’anno, ripercorre non solo le stagioni ma anche il viaggio della vita e il ciclo del chicco di grano: nascita – crescita – invecchiamento – morte (per poi rinascere nuovamente). Questi giorni speciali permettevano all’uomo di entrare in contatto con le forze cosmiche, particolarmente potenti in queste ricorrenze, per creare un vero e proprio scambio tra uomo e universo.

A febbraio abbiamo incontrato Imbolc (o Candelora che dir si voglia), prima ricorrenza dell’Anno Celtico. Nel mese di marzo la ricorrenza principale è l’arrivo della Primavera, festa celtica di Ostara, che corrisponde all’Equinozio di Primavera (20 marzo). Seconda delle 8 ricorrenze della Ruota dell’Anno Celtico che ormai da 2 anni festeggiamo regolarmente in compagnia di Elisa Gastaldi, proprietaria dell’Azienda Agricola Elilu, tra sapori e saperi della tradizione con i piatti del suo Agriturismo Mangià ad Campagna e sotto le stelle del suo Planetario (Castelnuovo Scrivia).

Questo giorno speciale è il giorno in cui si festeggia l’inizio della rinascita, è uno dei momenti dell’anno in cui giorno e notte sono in perfetto equilibrio (in cui cioè le ore di luce e di buio hanno la stessa durata), è il giorno in cui la luce torna a splendere (da questo momento in poi le ore di luce supereranno sempre di più le ore di buio, fino al Solstizio d’Estate). Può sembrare strano, ma è proprio dalle tradizioni pagane legate a questa festa che nascono le nostre tradizioni legate alla Pasqua! Lo sapevate?

L’animale sacro a Ostara (in celtico Eostre, termine da cui deriva il nome inglese Easter = Pasqua) era la lepre, simbolo di fertilità. La lepre di Ostara deponeva l’uovo della nuova vita per annunciare la rinascita dell’anno, motivo per cui questa ricorrenza coincide anche con il Capodanno Rurale. Proprio da questa leggenda nasce la tradizione pagana di scambiarsi le uova, uova “sacre” che dovevano essere scambiate sotto l’albero magico del villaggio, motivo per cui alcuni di noi ancora decorano l’Albero di Pasqua. E non a caso ogni mito o leggenda legata alla primavera, narra di un sacrificio a cui segue una rinascita o una resurrezione.

Ma perché una lepre dovrebbe fare le uova? Sappiamo tutti che la lepre non fa le uova, ma nella simbologia di qualsiasi cultura l’uovo è simbolo di vita, di creazione, di rinascita. In più la natura ci insegna che la primavera porta gli uccelli a deporre le uova, fonte di sostentamento dopo il lungo inverno per le popolazioni primitive. Alcuni popoli credono che il mondo sia nato da un uovo cosmico, quindi un’animale sacro ad una Dea così importante non poteva che fare le uova.

Due dei fiori legati a questa ricorrenza sono il Narciso, che già ha colorato di giallo i nostri giardini e che tra qualche tempo si farà strada anche nelle praterie d’Appennino con il suo bianco candore, e il Gelsomino, che con il suo profumo ci ricorda che l’aria sta cambiando e la primavera è alle porte!

Giorni speciali

Ogni mese dell’anno ha dei giorni speciali, ciascuno per un motivo diverso.

Questo mese, escludendo l’Equinozio di Primavera che è uno dei giorni più speciali dell’anno (non solo del mese), troviamo solo i Dì della Vecchia – dal 29 al 31 marzo – che, come per i Giorni della Merla a fine gennaio, possono “far ricomparire” il freddo pungente tipico dell’inverno.

Non manca una leggenda: che marzo è un mese pazzerello (a causa degli improvvisi cambiamenti del tempo atmosferico) si sa, ma sapete da cosa deriva questo pensiero? Si dice che un tempo il mese di Marzo si divertiva a sorprendere le anziane pastorelle al lavoro nei prati, scatenando improvvise bufere invernali. Una di loro però, intimorita da questi scherzi, non si decideva ad uscire con le sue pecore e, arrivata ormai alla fine del mese, decise vendicarsi prendendosi gioco di Marzo. Gli disse “domani uscirò a pascolare, tanto ormai siamo in Aprile, e tu non potrai farmi nulla!”; Marzo andò su tutte le furie per questo smacco e decise di chiedere tre giorni ad Aprile, per poter scatenare una delle sue tempeste sulla povera pastorella uscita di casa il giorno seguente. Fu così che il mese di marzo si allungò, e per questo 29, 30 e 31 marzo vengono chiamati i “Giorni della Vecchia”.

Grazie a Elilu Agricultura Familiare che con il suo Almanacco Rurale (di cui non possiamo più fare a meno da anni) ci regala sempre tanta saggezza popolare, tradizioni e cultura rurale; un concentrato di saperi antichi che oggi sembrano appartenere ad un mondo lontano, ma che sono parte di noi e del nostro vivere e per questo vanno custoditi con cura e tramandati con ogni mezzo.

Autore: Giorgia Ricotti

Foto e testo © Wild Trek – Avventure in cammino